MARIO MAZZARO Photo Gallery & Live Concert
Sabato 28 Settembre 2019 ore 21:00
Sala Santa Cecilia Area Terrazzata c/o Hotel Toledo Via Montecalvario 15
MARIO MAZZARO Photo Gallery
Fotografia d’arte e il potere evocativo delle immagini
Lab & Music Tour
Mostra espositiva fotografie territori campani a cura di Mario Mazzaro
&
concerto Maria Barbieri Reflection Trio
La costa di Varcaturo
Mi colpisce l’intensità e la poesia di questo territorio, la costa nord della periferia di Napoli. Napoli è una città veloce, colorata, piena di distrazioni e, troppo spesso, molto rumorosa. In spiaggia, cerco di creare ordine dal caos, inseguendo il silenzio come fuga dal rumore costante degli umani, dall’incessante ruggito dei mostri automobilistici, dal trambusto dell’indifferenza. Ho scattato con l’intento di vedere le cose che passano inosservate, in una semplice località di mare, come si mostrano quando sono fotografate. La zona che ho scelto è una porzione (circa un paio di chilometri di raggio) della costa di Varcaturo, nei pressi di Lago Patria. È una spiaggia compresa nel ben più ampio litorale conosciuto anticamente come “la campagna di Cuma” che indicava tutta la regione dei Campi Flegrei, da Pozzuoli a Lago Patria. La costa di Varcaturo è al centro nord di questa regione, situata fra Cuma (725-720 a.C. – terra di Miti, colonia che propagò in Italia la cultura greca, diffondendo l’alfabeto, presso gli Etruschi e i Latini), e Villa Literno (Liternum 194 a.C. – città edificata dai Romani su di un preesistente sito preistorico).
L’intenzione voleva essere quella di fotografare più volte, unicamente, questa piccola porzione di territorio in vari momenti dell’anno, nella stagione autunnale, di preferenza. Questi luoghi a mio avviso, rivelano un silenzio eterno, un archetipo di solitudine, una metafisica assenza di tempo che si rispecchia in me integralmente, e che desideravo documentare. Credo sia molto importante stare bene con la propria solitudine. Essa è indispensabile alla mente per manovrare senza impedimenti, per esplorare le cose, gli spazi (esteriori e interiori), in modo sereno. Gran parte di questo lavoro vuole mettere in risalto la presenza dell’assenza.
Il territorio
Il percorso ha origine da un breve trafiletto apparso su un numero (degli anni ’70) del giornale “L’Unità”, trovato in rete per caso, il quale pubblicizzava le potenzialità ancora inespresse di questa costa. Purtroppo le opportunità propagandate dal breve spot, non si sono ancora concretizzate, o perlomeno non del tutto. C’è sempre da meravigliarsi come una simile ricchezza paesaggistica non venga ancora percepita come tale, in primo luogo dall’amministrazione, oltre che dai cittadini; questo a mio avviso, è ciò che si può considerare una brutalità, l’evidenza di un imbarbarimento dell’anima. Se da un lato questi territori sono a tutto oggi, custodi di una velata e lirica desolazione invernale, di contro essi si popolano furiosamente durante il periodo estivo, complice un intermittente permesso di balneazione. Eppure basta recarsi sul posto per accorgersi dello scempio che si consuma da anni sotto gli occhi delle istituzioni inermi: a causa dell’abusivismo sfrenato e dell’indifferente sversamento in mare di aziende e di privati, l’intera area Domizio-Flegrea è oggetto di inquinamento libero da pena. Il depuratore di Licola, al quale è affidata la chiarificazione delle acque di tutta la zona, funziona poco e in modo discontinuo.
L’ambiente
Scrive il filosofo Buddista Daisaku Ikeda: “Qualunque sia la verità sulle nostre origini, è indiscutibile che la storia della specie umana affondi le proprie radici nel mare. La Terra è il pianeta dell’acqua e la vita che ci circonda dipende anche da essa. Per questo, più ci allontaniamo dalla natura, più perdiamo la nostra identità, il nostro equilibrio. Per questo inquinare il mare, le sue spiagge, e più in generale l’ambiente, genera un modo di vivere innaturale, disumano. Gettare rifiuti in mare o in spiaggia, equivale a gettare la propria umanità. Distruggere la natura significa distruggere la nostra vita e quella delle generazioni future. Dovremmo considerare la Terra come la nostra casa, la nostra madre”.
Il paesaggio fotografico
Credo che la scelta alla quale oggi tutti debbano risvegliarsi, è quella di sensibilizzare e ritrovare una coscienza capace di seguire il sentiero della luce, piuttosto che mettere da parte le responsabilità, continuando a percorrere il sentiero delle ombre. Le nostre vite, in ogni istante, sono costantemente sul filo di questo contrasto, sull’alternanza chiaro-scuro, luce-ombra. Esse possono essere fedeli a dei principi che riconducono al valore di ogni singola esistenza, o diventare una pura astrazione, una falsificazione della mente che procede verso la cieca distruzione dell’essere umano e del suo ambiente. La fotografia in bianco e nero ha una caratteristica analoga a questa: inesplicabile, misteriosa, non cerca di comprendere il mondo esterno ricopiandolo, piuttosto lo interpreta secondo una scelta. Per questo motivo, pur dovendo occuparmi di immagini paesaggistiche, ho preferito lavorare sulla scala di grigi. Il bianco e nero, in qualche modo, rievoca la scelta di vita che ognuno di noi è chiamato a compiere di momento in momento, tra due aspetti simultanei e costanti della nostra esistenza: l’oscurità e la luce.
Reinventare un’immagine, può riqualificare il “vero” attraverso un percorso che ha il potere di ridefinire lo spirito di chi la osserva. L’immagine esteriore evoca un’idea interiore di reale, in un riciclo continuo, virtuoso: nasce la rappresentazione, una condizione inconscia che si rivela attraverso il racconto fotografico. Dunque in questo lavoro, la volontà non è quella di descrivere semplicemente un paesaggio nella sua bellezza materiale, concreta, ma ritrovare in esso uno spazio, un luogo dell’anima, perduto, antico.
Solitude
Vorrei ribadire che la solitudine non è esclusivamente patrimonio della tristezza: essa può anche essere benefica e creativa. È vero che l’essere umano si ridefinisce di continuo in relazione agli altri, ma il silenzio e la solitudine, hanno la virtù di farci recuperare il contatto profondo con noi stessi. Le capacità critiche si sviluppano in solitudine. C’è il momento del confronto con l’altro, preziosissimo e fonte d’ispirazione, ma altrettanto necessario, è un campo di assenza, individuale, riservato, un vuoto che predispone alla creazione, all’espressione della propria soggettività, al raccoglimento nella propria intimità. In spiaggia, il silenzio nel quale immergersi non è una semplice assenza di suoni o rumori. Il silenzio della natura in realtà è una presenza, una voce. Ogni riva, ogni soffio di vento, ogni flusso d’acqua emette onde sonore che accarezzano le superfici, riverberando in varie risonanze.
Ma al contrario del fracasso cittadino, questi suoni sono organizzati su frequenze che risultano particolarmente gradevoli all’orecchio umano, adatte alla contemplazione e alla meditazione. Su di un arenile solitario, ogni oggetto inanimato, pare voler sussurrare qualcosa. Misteriosi fantasmi popolano i luoghi marini nei lunghi periodi invernali. Come si comporta una spiaggia senza la presenza, o quasi, degli esseri umani, e cosa sopravvive dei chiassosi frequentatori estivi, nelle cabine degli stabilimenti, sugli scheletri degli ombrelloni, tra le staccionate dei lidi, durante la stagione fredda? E noi, in che luogo ritorniamo, quando arrivanti in spiaggia, ci fermiamo a riva aspettando che lo spumoso emiciclo di un’onda, cerchi di ghermirci? Quante oscure confidenze condivide il mare attraverso i logori oggetti che abbandona sulla rena. Quanta storia è rimasta tra i granelli di sabbia, nelle profondità degli abissi; e quanti racconti potrebbe narrare una nave che solca queste singolari, eterne strade, testimoni di viaggi interiori ed esteriori. Fin dall’antichità, la contemplazione del fluire delle acque ha da sempre suggerito il “viaggio”, e questo, lo scorrere del tempo. In spiaggia, talvolta, il tempo si annulla: è come se venisse fuori una benefica sensazione di reminiscenza, non identificabile in un singolo, preciso istante. Il momentaneo presente parrebbe contenere tracce del passato, che in qualche modo si uniscono insieme attraverso il contatto con un cosmo nuovo. È come percepire una grande, remota memoria, racchiusa in mente in un singolo istante perenne, fisso, ma non consapevole.
Osservazioni
Sul litorale di Varcaturo, non di rado è possibile incontrare fantini e cavalli al galoppo, che affondano liberamente le proprie orme nella sabbia in cerca di un po’ di spazio selvatico. La presenza inattesa di questi animali in spiaggia, ha un effetto a tratti surreale. Oltre alla qualità della sabbia, particolarmente sottile, pulita, non polverosa, ciò che mi colpisce di questo posto magico, è il fondo delle sue acque: anche quando sono particolarmente nitide, esse presentano perennemente una gradazione scura, di colore verde/blu, mai turchese. La chiusa del Lago Patria talvolta viene aperta, principalmente per due motivi: moria di pesci, quindi ricambio delle acque, o superamento dei livelli di guardia dovuto alle piogge battenti.
Quando ciò avviene, la foce gonfiandosi, spinge al largo i flussi del proprio sbocco creando una secca col movimento della sabbia. Così, presso l’estuario, non è raro vedere persone comuni camminare a pelo d’acqua sul ciglio di questi banchi di sabbia che, appena sommersi, creano un’illusione suggestiva. Presso la foce, abita da circa trent’anni un pescatore “tuttofare” soprannominato Camel. È un arabo maghrebino che dimora a circa trecento metri dalla spiaggia. Spesso lo si può osservare dalla riva mentre pesca telline, immerso in un metro d’acqua, che incede infrangendo lentamente i flutti. Il paradosso è che proviene da una piccola località di mare nei pressi di Algeri, ove nessuno mangia molluschi; alle spalle una storia sofferta, fatta di alcol, un divorzio, e dei figli. Per converso, la sua in Italia, è una vicenda di vera integrazione culturale. Ottimo portiere di calcio, per vivere tira a campare ingegnandosi un po’ con tutto, anche se, come ho detto, la sua principale attività resta la pesca. Per questo lo si può riconoscere anche in pieno inverno: a causa della sua mansione, è uno dei pochi che vive questa spiaggia tutti i giorni dell’anno. Il tempo libero lo impiega giocando a pallone o passeggiando da solo. Frequentando queste zone ho notato (soprattutto nel periodo invernale), che spesso chi passeggia lo fa in silenzio. Anche se ci sono due o più persone insieme, queste camminano quasi sempre senza parlare, di frequente, in fila indiana. Quest’immagine racchiude la descrizione esatta del sentimento di questa costa: le figure umane non vogliono avere generalità precise. Qui l’uomo è solo, perso in una costante deriva. Come un ceppo spinto lontano da una tremolante brezza marina, galleggia nel fluire del tempo e dello spazio al cospetto di una realtà, che diviene tale attraverso il percorso di chi la anima.
Riservato ai Soci ARCI – Club Santa Cecilia.
Informazioni e prenotazioni tel. 335 7566327
https://www.facebook.com/events/370354437184980/
Contributo associativo inclusa Prima consumazione 10€ al tavolo.
E’ possibile prenotare la cena in convenzione 15 € (contributo, calice di vino campano, piatto unico (primo, secondo, tris di contorni tipici, pane).
Consumazione obbligatoria in Sala
La Sala Santa Cecilia è ubicata nelle immediate vicinanze della Metro linea 1 e a pochi minuti dalla Funicolare di Piazzetta Augusteo. È disponibile il servizio di chiamata Taxi. Per gli automuniti è consigliabile parcheggiare nei pressi della Posta Centrale dalla quale, attraversando a piedi la zona pedonale antistante la fermata di Toledo della Metro, è possibile in pochi minuti raggiungere la Sala.
No Comments